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Lucca area tartufigena.

Grazie alle iniziative e all'interessamento del consiglieri regionali Baccelli e Remaschi, si sta concludendo il percorso dell'istituzione della zona geografica 'Tartufo bianco toscano della Lucchesia'. Avremmo preferito, per campanilismo ma anche per la verità che la zona geografica fosse stata denominata 'Tartufo bianco della Piana di Lucca', perché in realtà la specie è 'confinata' nella Piana.
Certamente in maniera non decisiva, abbiamo partecipato alla fase dello studio preliminare fornendo attiva collaborazione all'Università di Siena incaricata dalla Regione dell'indagine sulla presenza del tartufo bianco a Lucca. Nella relazione è stata riprodotta integralmente la nostra lettera inviata alla stampa il 12 Settembre 2018, titolata 'Il tartufo bianco, biotopo caratterizzante della Piana, e il fungo pioppino.'; dove avevamo scritto, tra l'altro, che la piana intorno alla Città, era stata colonizzata dal Tartufo Bianco (Tuber Magnatum Pico), e Lucca aveva avuto la fortuna di essere forse l'unico comune, Capoluogo di Provincia, in cui nasce il Tartufo Bianco Pregiato, anche nel Centro Storico. Avevamo lamentato l'estirpamento di siepi e filari che caratterizzavano il territorio agricolo della Piana - quello a destinazione urbanistica agricola -, e la mancata riproposizione delle pioppete che per secoli hanno caratterizzato il territorio agricolo di pianura. Avevamo lamentato il mancato accoglimento di una specifica osservazione al Piano Strutturale di Lucca per la protezione del tartufo bianco, il cui obbiettivo era
'I parchi fluviali e le aree agricole individuate dall'intero territorio a destinazione agricola delle UTOE 2,3,7, come aree tartufigene, debbono essere preservate in quanto eccezionale, irripetibile, e pregiata risorsa naturale con possibilità di importanti risvolti economici e turistici. A tal fine occorre preservare le caratteristiche dell'ecosistema impedendo lo sconvolgimento del suo l'assetto. Incentivando e favorendo l'arboricoltura e vietando la sostituzione dei pioppeti e delle macchie di campo con altre coltivazioni agricole.'
Il Comune non comprese che questa era una protezione particolare del territorio 'agricolo', per salvaguardarlo proprio da invasive colture agricole che hanno irreversibilmente modificato l'ameno paesaggio della Piana. Consegnammo agli studiosi dell'Università di Siena una foto fatta nel 1890 da pallone, esplicativa di come era all'epoca la piana, anch'essa riprodotta nella relazione, dove è nominato, per la collaborazione prestata, uno dei nostri soci, cofondatore di questo Gruppo.
La protezione del Tartufo Bianco non sarà fine a stessa. Dovrebbe provocare la protezione delle aree agricole della Piana favorendo il reimpianto di alberi autoctoni (pioppi, salie, tigli, querce) con i quali il fungo si associa indissolubilmente per fruttificare e rigenerarsi. Gli alberi sono grandi 'mangiatori' di polveri sottili, e in proposito ricordiamo i recenti articoli/interviste del dott. Roggi e del sindaco Menesini. Quindi favorire il reimpianto di alberi sarebbe un contributo importante per la salubrità della Piana, oltre che un contributo alla rigenerazione di un suo ameno aspetto estetico che soltanto gli alberi sono in grado di conferire. Sarebbe auspicabile che i numerosi proprietari di terreni agricoli a destinazione agricola non li affidassero più 'all'aratura' con l'intento di mantenerli puliti, e probabilmente senza ritrarne risvolti economici decisivi. Così come sarebbe auspicabile la partecipazione in questo percorso di altre associazioni naturalistiche e ambientalistiche.
Sempre in tema di tartufi, questo Gruppo ha attivamente e direttamente collaborato con l'assessore regionale alle politiche agricole Marco Remaschi, al perfezionamento del testo della Nuova Legge per la raccolta dei tartufi, e con soddisfazione, anche se sicuramente non ne abbiamo il merito, alcune delle nostre osservazioni riguardanti il calendario e l'orario di raccolta sono state recepite.

Il Gruppo Micologico Massimiliano Danesi di Ponte a Moriano

Redazione - inviato in data 02/06/2019 alle ore 12.41.07 - Questo post ha 1 commenti

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COMMENTI
- Non mi pare giusto dare la colpa 'all'aratura' - da Anonimo - inviato in data 03/06/2019 alle ore 1.06.18
Nel 1890 i terreni della pianura lucchese (che poi, con le colline intorno è la Lucchesia...la Media valle NON E''Lucchesia) erano molto più lavorati di quanto non sia oggi. Praticamente tutti i campi erano lavorati e non c'erano pioppete. Nell'immagine del 1890 si vedono molti alberi perché sul bordo dei campi c'erano i filari di pioppi e salici (le 'sàlie') cui si maritavano le viti.

Oggi sarebbe improponibile:

- Coltivare i pioppi ed i salici sul bordo dei campi
- Imporre ai proprietari di ripiantare le pioppete quando esse sono state abbattute

In ogni caso oggi i terreni dissodati sono ben pochi rispetto a cinquanta o cento anni fa. quel che prevale sono gli 'scepali' come direi io della media valle o 'prunai' come penso si dica nel Pian di Lucca. Ho l'impressione che nei campi invasi dai rovi non ci nascano il grano ed il mais, ma neanche ci si trovino i tartufi.

Come si risolve il Vostro problema? Penso si risolverebbe solo affidando i terreni incolti, con il consenso dei proprietari e garantendo loro la possibilità di vendere il terreno quando vogliano, a consorzi gestori che possano utilizzarli per l'arboricoltura. Sapete però qual è il problema?? Il problema è che con la pioppicoltura si guadagna pochissimo ed anche un consorzio sarebbe in difficoltà.


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