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L’ultimo giorno di Fiera, quello delle Carogne.

Tutto avvenne molti anni fa. Ricordo che era il 29 Settembre, San Michele, l’ultimo giorno di Fiera a Lucca, la cosiddetta “Fiera delle Carogne”. Una volta, le fiere del Settembre Lucchese erano un importante mercato di bestiame, e le “Carogne” appunto, cavalli, asini, mucche, maiali e quant’altro, erano le bestie che, per una ragione o l’altra, rimanevano invendute fino all’ultimo giorno di fiera. Adesso, ogni anno, e sono tanti anni ormai, per celebrare degnamente il Settembre Lucchese, si organizzano tantissimi avvenimenti, culturali, religiosi, folkloristici e di altro genere. Fra questi la famosa Fiera del Bestiame a Monte San Quirico, la Fiera Mercato al Giannotti e, nel Centro Storico di Lucca, il Mercato di Piazza San Michele. Quel lontano 29 Settembre, l’ultimo giorno di Fiera del Settembre Lucchese, era un giorno bollente. Non si era mai visto un settembre così caldo e afoso. Anche a Lucca si boccheggiava, ma era così in tutta Italia e in Europa, un po’ quello che è accaduto nel 2011, l’anno passato. Ciononostante le bancarelle, tutte variopinte, di Piazza San Michele, erano piene zeppe di gente. Gli ambulanti vendevano un po’ di tutto; prodotti alimentari nostrali, vino, olio e olive delle colline Lucchesi, formaggi dei nostri pastori e gli immancabili frati e i bomboloni del Nelli. Ma si vendeva anche abbigliamento, casalinghi, giocattoli e oggettistica varia. Non va dimenticato poi il famoso spettacolo dei piattai. Nel recinto del loro banco, da bravi giocolieri, e davanti ad una folla numerosa, facevano volare in aria a ritmo di danza piatti e bicchieri, che ricadevano giù magicamente, senza scheggiarsi, né infrangersi, calamitati dalle mani vellutate di questi funamboli della stoviglia. Piatti, scodelle, bicchieri e tazze, che poi, alla fine dell’esibizione, venivano immancabilmente venduti a prezzi stracciati, rigorosamente in servizi da sei o da dodici pezzi, agli spettatori rimasti a bocca aperta, ammaliati dalle talentuose esibizioni dei piattai. Prima di andare avanti però, devo confessarvi che io, all’epoca, avevo una paura tremenda della morte. Mi ricordo che qualcuno una volta disse, e credo che fosse Seneca: “Chi ha paura della morte non vive da uomo vivo”. Ed, infatti, io, a causa di quella mia fobia, vivevo come uno zombie. Ero un morto vivente. I miei pensieri erano sempre neri. Ero circondato da un vuoto permanente di paura e, chissà perché, anche di sangue, di tanto sangue! Brancolavo nel buio, avevo paura di tutto e di tutti. Cercavo disperatamente un varco nella mia mente che mi permettesse di fuggire da quel mio stato di confusione totale, da quella mia ossessione di morte, da quel mio quotidiano terrore. Avevo addirittura paura della paura! Eppure, come tutti, fino a qualche mese prima ero una persona “normale”. Ma poi, all’improvviso, un giorno il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, il respiro diventò faticoso, e si fece strada in me la certezza di essere in grave pericolo, in pericolo di morte! Erano terribili attacchi di panico! Iniziò così il mio calvario! Ma tornando a quella Fiera delle Carogne di tanti anni fa, quel giorno io, in Piazza San Michele c’ero arrivato di corsa. Ero tutto trafelato e sudato. Credevo che qualcuno m’inseguisse. Anzi, ne ero sicuro. Era un energumeno, un brutto ceffo. Venivo da Via San Paolino. Mi accorsi di quel bieco e misterioso tizio mentre appunto percorrevo Via San Paolino per andare in Piazza San Michele. Lo vidi in Piazza Cittadella. Era un tipaccio grande e grosso dalla faccia losca che mi fissava in modo strano, addirittura pareva mi facesse degli strani cenni, dei gestacci. Aveva il tipico sguardo del maniaco. Ehi…ma quello stava proprio vendendo verso di me! Scappai via come una saetta! Ero in preda al panico. Mi girai un po’, quel gigante mi stava davvero seguendo gesticolando come un pazzo. Io sapevo solo che dovevo correre, e che se mi fossi fermato sarebbe stata la fine! Arrivato in Piazza San Michele, entrai subito in quella bolgia mimetizzandomi fra la folla che girava tra i banchetti degli ambulanti. Mi fermai un attimo per prendere fiato, poi feci una lunga espirazione ed espulsi tutta l’aria contenuta nei bronchi e nei polmoni. In realtà volevo cacciare, o almeno, speravo di cacciare fuori da me tutte le mie paure, le fobie, le angosce e le inquietudini. Per fortuna, in quel momento, la piazza era gremita come un formicaio, difficilmente quel balordo mi avrebbe trovato. C’era davvero tanta confusione, un movimento convulso e disordinato di gente, una grande baraonda. Ma come dice il proverbio? Quando meno te l’aspetti! Alzai la testa e lo vidi, e immediatamente capii che mi aveva visto anche lui. Dunque mi aveva seguito fino lì! Allora ce l’aveva proprio con me! Cosa gli avevo fatto? Cosa voleva da me? Voleva i soldi? Per l’appunto, effettivamente avevo con me una grossa somma di denaro contante nel portafogli! Dovevo versare il tutto alla vicina Banca Toscana. Sicuramente quel bestione voleva derubarmi. Forse quel pazzoide voleva addirittura uccidermi? Ero terrorizzato. Chissà cosa mai mi frullava per la testa. Ero davvero madido di sudore. Sudavo più di una bestia. Non sapevo proprio cosa fare, e per di più l’avevo perso di vista. La gente mi spintonava da tutte le parti. Mi guardai intorno, quand’ecco che lo rividi. Ad occhio e croce, soltanto una decina di persone ci separavano. Dall’alto della sua stazza mi faceva dei versi, si sbracciava, sembrava perfino più agitato di me! Allora io, preso dal panico cercai di muovermi. A stento riuscii a farmi largo tra la folla. Mi avvicinai ad un banchetto. Vendevano articoli casalinghi. Agguantai un grosso ed affilatissimo coltello da cucina che faceva bella mostra di se sul banco, assieme a tutti gli altri articoli esposti. L’ambulante, proprietario del banco, mi dette un’occhiataccia. Stavo per dirgli qualcosa, ma proprio in quel momento, mi sentii battere sulle spalle. Il sangue mi andò alla testa! Mi voltai di scatto! Era lui, quel brutto tanghero, quel tipaccio che mi perseguitava! Aveva qualcosa in mano! Forse una pistola? Fu un attimo. Non ci vidi più. Non ci pensai due volte. Mi scagliai contro di lui e con tutta la forza che avevo, gli ficcai nella pancia l’intera lama del coltello. L’energumeno cadde a terra in un lago di sangue. Ebbe solo il tempo di emettere degli strani suoni gutturali e, dopo un rantolo, cessò di vivere. Subito dopo, a terra, le pietre si tinsero di sangue. Lo guardai fisso ed incredulo, e guardavo anche tutta la gente che, intorno a me, mi stava fissando inorridita. In quel momento avevo ancora in mano quel lungo coltello insanguinato. Per l’ultima volta, guardai a terra l’omaccione oramai privo di vita. Con mio grande stupore mi accorsi che, nella mano destra non aveva una pistola, ma stringeva ancora a sé un bel portafoglio gonfio di denaro. Il mio portafoglio!

Quel bestione, poveretto, qualche minuto prima, mentre transitavo all’altezza della Gelateria Santini, aveva visto cadere il mio portafoglio. Allora mi aveva guardato, aveva cercato di farmi capire quella mia distrazione, ma purtroppo il tizio era sordomuto, ed io non avevo assolutamente capito quei suoi strani gesti. Lui voleva che mi fermassi, voleva dirmi del mio portafoglio. Ma io ero impaurito e disorientato, anzi di più, ero spaventato e atterrito! Pensavo proprio che fosse un malintenzionato. Credevo addirittura che volesse uccidermi, ed allora ero fuggito! Dunque poi, gentilmente lui, aveva dapprima raccolto da terra il portafoglio per restituirlo al suo legittimo proprietario, cioè a me, quindi per compiere fino in fondo la sua opera di cortesia, mi aveva persino inseguito, ovviamente sempre gesticolando. Purtroppo per lui, ed anche per me, quell’uomo riuscì a trovarmi nonostante la grande calca in Piazza San Michele. Con quella sciagurata coltellata, io avevo distrutto la sua vita, peraltro già sfortunata, ma avevo anche rovinato definitivamente la mia.

Per quel maledetto delitto, mi beccai vent’anni di carcere, tutti scontati nelle patrie galere! Dagli attacchi di panico, grazie a Dio sono guarito. Incredibilmente il carcere mi aiutò a superare quella mia fobia, e poi dei buonissimi specialisti fecero tutto il resto. Adesso che sono vecchio non ho più paura della morte, anzi spero che arrivi al più presto, purtroppo però sono troppo vigliacco per accelerarne i tempi. Ricorderò per sempre quel dannatissimo 29 Settembre, l’ultimo giorno di Fiera di quel Settembre Lucchese di tanti anni fa. Quel giorno era la Fiera delle Carogne…delle carogne come me!

S T E L E

Poscritto: C’è libertà nel mondo dei racconti e dei romanzi. Quello che vi è descritto potrebbe essere accaduto precisamente come è scritto, ma forse è accaduto in tutt’altro modo.

Anonimo - inviato in data 22/02/2012 alle ore 10.17.46 -

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