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La pandemia cambia il corso della storia

La Peste verificatasi sotto l’Imperatore Marco Aurelio fu considerata castigo divino, flagello concausa del declino dell’Impero Romano

La prima grave malattia collettiva ad alta mortalità che ha colpito Roma fu l’epidemia scoppiata durante l’impero di Marco Aurelio (165-180). La malattia (vaiolo) fu contratta dai Legionari (16 Legioni, circa 200.000 uomini) in Mesopotamia nel 165, durante l’occupazione del Regno Partico e fu propagata con il ritorno dei soldati in Italia.
Provocò catastrofici effetti sociali e politici in tutto l’Impero. Secondo lo storico Cassio Dione causò fino a 2000 morti al giorno a Roma, un quarto dei contagiati. Si estese rapidamente in Europa e si protrasse per più anni, facendo circa 30 milioni di vittime. In alcune zone uccise circa un terzo della popolazione, decimando l’esercito romano e procurando sofferenze e carestie per i cittadini.
L’Imperatore Marco Aurelio per far fronte al flagello nominò il senatore Arrius Antoninus come praetor tutelaris per coordinare gli interventi straordinari, e chiamò Galeno, il più famoso medico dell’epoca, a gestire la situazione sanitaria. Galeno nella sua opera Scripta minora descrive i sintomi pestiferi e ricorda che per la virulenza del morbo decise di rientrare nella sua Pergamo.

EFFETTI SOCIO ECONOMIICI
Nel 166 d.C. l’Impero era al suo apice, viveva la Pax Romana, la Peste ebbe effetti disastrosi. Vi fu una destabilizzazione demografica e l’abbandono delle campagne, con ripercussioni immediate sull’esercito per la riduzione di uomini arruolabili e la mancanza di derrate alimentari nelle città. Si registrò il prosciugamento delle casse dello Stato per la riduzione delle rimesse erariali, per il declino del numero dei contribuenti a causa di decessi o di fughe collegate all’epidemia.
C’era il rischio di tumulti e ribellioni. In quei momenti drammatici serviva coesione e fedeltà all’Imperatore e allo Stato, non a caso Marco Aurelio implementò la religiosità verso i culti tradizionali.
Secondo lo storiografo Parker “la Peste travolse il mondo romano, lasciò quasi spopolati molti distretti e contribuì forse, più di ogni altro fattore, al declino dell’Impero Romano”.

CORRELAZIONE CON L’ATTUALE CORONAVIRUS
Volendo esplorare una suggestiva correlazione con il flagello dei giorni nostri il Coronavirus, ricordiamo che lo storico Duncan-Jones in una sua ricerca riporta che la Cina tra il 110 e il 180 d.C. sia incorsa in 6 eventi epidemici definibili come Peste e che, a suo parere, è verosimile che quella che interessò la Mesopotamia e a seguire tutto l’Impero Romano si sia originata proprio in Cina.


www.domusromnalucca.it

Redazione - inviato in data 15/03/2020 alle ore 18.57.29 - Questo post ha 1 commenti

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COMMENTI
- L'impero... - da Anonimo - inviato in data 15/03/2020 alle ore 23.18.37
L'unica differenza è che nel 166 d.C. non c'erano dottori, antivirali, vaccini & C..
Per il resto è certo che la Storia per tanti cambierà, ed anche certe 'pretese'.
Sono anni che ogni tanto penso al 'cigno nero' (e neppure uno solo!), la prima volta avevo vent'anni o giù di lì.
Confesso che ho sempre sperato accadesse dopo di me.
A osservare come stanno andando le cose sul Globo,
più o meno facciamo il callo ad un annetto in queste condizioni o simili,
comunque fino a che non salta fuori il vaccino o ammazzavirus.
Se procede come adesso, se pensate ottimisticamente di cavacela in un paio di mesi,
è vacua speranza. Motivo?
Mettiamo che in un paio di mesi od anche tre, l'Italia ne esca.
Dopo? Non siamo in una bolla di immaginifico impenetrabile metallo.
Il resto del Mondo?
O fate il remake della Grande Muraglia, chiudete frontiere di mare di cielo e di terra,
o il virus ve lo ritrovate il giorno dopo, più vispo che prima.
In queste condizioni, perché il virus faccia il suo 'lavoro' mondiale, è matematica,
otto-dodici mesi, il vaccino.
Perché duri soltanto tre mesi,
dovevano esser già 'bloccati' tutti i Paesi sulla faccia del pianeta.
La realtà è purtroppo differente.


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