Sono nato al crepuscolo, sono malato e imbucato. Trasudo il mio ego avvolto in un sudario. Presumo di esistere, ma non ne sono certo. Ho un prestigio da salvare e la mia innocenza trabocca di genuina astuzia, comunque insisto nel ritenere che forse la volontà dei numi non è così come appare. So bene che si può morire dopo aver vissuto dalla nascita, ma le nostre radici non verranno mai strappate dal vento che smuove le foglie e che increspa i mari. Lassù sulle alte torri, vedo i trifogli del bosco, scorgo la mia amata casa, ti distinguo, tu e il tuo fulgore, le tue labbra e il tuo stupendo corpo al risveglio, straordinario come un tulipano appena sbocciato. La vita separa, la morte unisce, le stelle sono invulnerabili, però nessuno può improvvisare una pioggia o un tornado o un profumo di muschio selvatico, nessuno può farlo, nemmeno io. Va da se che la pietà è un guinzaglio che stringe il mio collo, che stupra i miei ideali, che seppellisce i vermi che ruminano sul fetore dei morti e che la follia si addensa nel mio spirito etereo il quale ha la forza di ascoltare l’inavvertibile. Detto questo credo sia ancora presto per morire, quindi signori becchini potete attendere.
Fugazziele
Anonimo - inviato in data 29/11/2013 alle ore 18.14.51
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