Qual è il significato della dichiarazione del direttore dell'ufficio regionale dell'Organizzazione mondiale della Sanità, Hans Kluge, che attribuisce l'aumento dei casi all'allentamento brutale delle restrizioni in alcuni Paesi?
È un'affermazione in linea con il ruolo dell'agenzia che anche in altre occasioni si è rivolta in modo generale a tutti i Paesi, senza fare distinzioni, invitando tutti alla cautela.
Il monito dell'Oms è rivolto anche all'Italia?
L'Italia ha applicato in tutte le fasi dell'epidemia restrizioni rigorose e progressive, sempre basate sui dati, ed è stata uno dei Paesi più prudenti nel mantenerle, tanto che lo stato d'emergenza terminerà il 31 marzo assieme ad alcuni obblighi. Nella Regione europea dell'Oms (che non coincide ma è più ampia della Ue) ci sono almeno 18 Paesi in cui si sta registrando un aumento importante del numero di nuove infezioni. Altrove, ad esempio la Gran Bretagna, le restrizioni sono state eliminate anche prima che da noi e forse troppo presto. In Germania le regole sono state revocate pur in presenza di un numero molto elevato di contagi.
Dobbiamo tornare a chiudere?
No, per il momento non ci sono i presupposti per pensare a nuovi provvedimenti. L'obiettivo che la sanità pubblica si è prefissata non è la riduzione delle infezioni - che ieri erano 76.260, contro le 96 mila del giorno prima, con un incremento lieve dei ricoverati in terapia intensiva - ma dei casi severi di malattia, la cui crescita metterebbe sotto pressione gli ospedali.
In che fase ci troviamo?
La tendenza è incoraggiante. I presupposti su cui si è innestata la pandemia sono cambiati. Siamo passati da un periodo in cui eravamo tutti completamente suscettibili al contagio con un virus nuovo, alla situazione attuale in cui gran parte della popolazione nella Regione europea, in particolare l'Italia, è diventata almeno parzialmente immune grazie alla vaccinazione o per aver contratto l'infezione. Kluge ha infatti anche menzionato questo aspetto come un motivo di ottimismo per il futuro.
La curva delle infezioni sale. Cosa fare?
Quando tutti gli obblighi verranno meno sarà ancora più importante la responsabilità individuale. Per usare una metafora «adesso le chiavi di casa le abbiamo noi». Le imposizioni legali si allentano ma noi dovremmo mantenere la piena consapevolezza dei rischi che gravano sulle persone vulnerabili, per età e malattie croniche. Osservare certe precauzioni (mascherina nei luoghi chiusi, distanziamento quando è possibile) è fondamentale. L'attuale incremento di casi è attribuibile al rilassamento delle nostre cautele che permettono la circolazione della variante ancora più contagiosa.
Quinta ondata?
No, di fatto siamo ancora a livelli incidenza molto inferiori a quelli registrati in Italia tra dicembre e gennaio, ma dalla fine di febbraio i numeri, che erano in calo, sono in nuova risalita: è un segnale di allerta chiaro. L'incidenza sta toccando punte elevate, 800 casi per 100 mila è la media settimanale, l'indice di replicazione diagnostica cioè il numero casi diagnosticati in media ogni settimana, sta aumentando mediamente di circa il 30[[[]]%[]] ogni 7 giorni. Ricoveri e decessi invece sono stabili o in flessione. A un mese circa dall'ingresso della variante Omicron 2 avremmo già dovuto vedere questi numeri cambiare e il fatto che non sia avvenuto rassicura.
from DAGOSPIA
Anonimo - inviato in data 25/03/2022 alle ore 12.11.05
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