Lei, ostinatissima, non abbassava gli occhi e continuava a fissarmi senza alcuna incertezza. “Vergognati, mi fai letteralmente schifo!” mi disse con durezza. Di fronte a quella sua affermazione, che per me aveva il sapore di una condanna, rimasi ammutolito. Non avevo proprio nulla di cui vergognarmi! Che si vergognasse lei, quella stupida irriconoscente, quella troia! Avrei potuto benissimo sbatterle in faccia la sua protervia, ma in quel momento mi sentivo libero d’ignorarla. Non mi sarei certo rovinato il fegato per una come lei. C’erano fin troppi testimoni, in quel momento! Era d’inverno, era una giornata calda che pareva d’estate e lei, la mia pupilla, adagiata su una bara coperta da un bellissimo drappo di seta verde, venne portata a spalla da quattro baldi ed eleganti giovani delle Onoranze Funebri. La seguiva un piccolo corteo di parenti, amici e conoscenti. Fra loro c’ero anch’io, il suo assassino, che la piangeva disperatamente. Che non sopportava la sua mancanza. Che non sapeva come avrebbe fatto a vivere senza di lei. Lei, che con il suo mestiere, il più antico del mondo, aveva contribuito a mantenermi ed a farmi vivere nella più completa agiatezza. Poco male, perché nella mia scuderia ne avevo un’altra che prometteva molto bene, la mia nuova pupilla!
ORONZO CAVANERI.
|