La Mammana.
Per noi, poveri disgraziati, non c’è scampo, e lo dico con tono dolce e suadente, dopodiché abbasso le palpebre e taccio. Sono confusa e terrorizzata, e dunque lasciatemi stare! Fuggo via! Vedo una casa diroccata in lontananza, una scalinata in rovina, un giardino in decadenza, le porte che scricchiolano. La mia angoscia è spaventosa. C’è un mago che ordisce stregonerie, c’è un pericoloso legame prenatale. I silenzi sono intensi, profonda è la bellezza. Cuore di vulcano, capelli biondi cadenti, parossismi sventranti e spasimi crescenti. Intense folate di vento, euforie vibranti e mutevoli vortici orgasmici. Sono eccitata, lavoro sodo ma, nonostante tutto, la bambina nasce! Mi sorride! Allora anch’io le sorrido! Il mio è un sorriso sincero, di felicità, di appagamento e di soddisfazione, anche se, in effetti, il mio lavoro non è stato ben fatto. La neonata è bianca, di un pallore trasparente. E’ morbida e carnosa ma, dopo il segno della croce, tosto la getto nel pozzo! La notte sta arrivando, le nuvole oscurano la pallida luna. Da fuori giunge un rumore di passi strascicati. Inorridita e impotente fuggo alla ricerca disperata della mia anima. Corro velocemente nella macchia, m’infilo fra i cespugli fioriti, resto ferma, immobile come roccia pietrificata e, mentre scruto la penombra degli alberi, prometto a me stessa che non ci sarà mai più una prossima volta! E chissà, forse, anche per questo, verrò nuovamente graziata!
ANGELICA C.
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