ANGELICA RACCONTA - Un amore impossibile.
Il sapore, la fragranza, la luminosità dell’aria, l’acqua giallastra e i tronchi alla deriva. Un pomeriggio strano, abbastanza mite e assai soleggiato. Gli uccellini cantavano nelle distese dei campi. Viali tranquilli, palazzine eleganti. Il suo bel tailleur rosso vivo. Soffitti altissimi, fregi dorati e mobili antichi. La sua carnagione rosea, i suoi occhi blu ansiosi e tristi, due autentiche gemme preziose che mai sarebbero state sconfitte dal tempo. Le malelingue la tormentavano! Le malelingue ci tormentavano! Tutti, chi più e chi meno, con maggiore o con minore insistenza, ci facevano soffrire. Tutti sputavano sentenze su di noi, sulla nostra relazione! Quelle tigri fameliche, prima ci sbranavano con gli occhi, poi con i loro sorrisini di scherno, ed infine, anche con le lettere anonime. Io e lei ci amavamo sul serio. Veramente. L’amore e il sesso erano la nostra droga quotidiana. Per un attimo Giusy, con la sigaretta incollata alle labbra, mi guardò con aria stupita, mi osservò attonita mentre le puntavo contro la pistola. Poi, dopo un breve silenzio colmo di significato, intuì e mi sorrise. Comprese che dovevamo andarcene subito e per sempre da questo mondo, capì che dovevamo migrare in un luogo dove nessuno potesse più sparlare di noi. In un posto dove avremmo dato libero sfogo al nostro immenso amore. Tremavo. Tremava. Ci baciammo. Un lungo bacio. Tenero. Appassionato. Sensuale. Erotico. Poi, prima che l’odore della sofferenza ci travolgesse, pigiai a fondo sul grilletto. Bastò un solo colpo per spezzare la sua vita, ed un altro per annientare anche la mia. Qualcuno che ci voleva bene, e che tuttora ce ne vuole, qualcuno che aveva e che ha ancora un’apertura mentale ed una cultura molto ampia, viene molto spesso a trovarci al cimitero e, mentre piange, lascia sempre sulla nostra povera tomba, sul nostro nuovo talamo d’amore, sulla tomba di Giusy e di Elisabetta, un bellissimo mazzo di fiori.
ANGELICA C.
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