D’improvviso udii un grande trapestio dietro di me. Fu allora che, quasi in trance, mi misi a correre a più non posso. Avevo il fiato corto e il cuore mi pulsava in gola. Alla fine, lasciata la strada, arrivai in cima ad una spiaggia deserta. Laggiù, con straordinaria tenerezza, un mare tranquillo lambiva delicatamente gli scogli e una brezza leggera sfiorava il mio viso. Intanto, ancora una volta vinta dai miei fedeli impulsi sessuali, non riuscivo più a domare il mio corpo e i miei sensi, e purtroppo stava per svanire anche questo mio ultimo sonno ipnotico ricco di straordinari e incandescenti amplessi. Per buona sorte però, feci appena in tempo a voltarmi ed accorgermi, cosa peraltro evidente, che quei cinque bruti mi avevano individuata e che, bontà loro, e fortunatamente anche mia, stavano raggiungendomi. Allora, con gesti rapidi, mi tolsi scarpe, maglione e camicetta. Sganciai il reggiseno, e infine sfilai i jeans, le calze e le mutandine. Gettai tutto attorno a me sulla sabbia. A quel punto ero completamente nuda e pronta per una nuova ed eclatante sfida. L’ennesima. Quella che ormai era divenuta per me un’assoluta necessità, anche se talvolta, non lo nascondo, lo facevo per vincere la noia e talaltra per una forma di generosità nei confronti del prossimo e di tutti coloro che sarebbero venuti dopo di lui. In un certo senso, quei momenti d’intenso sesso e piacere, riempivano la mia smisurata solitudine, cancellavano la mia timidezza, mi rendevano sempre più forte e sicura di me, oserei dire che esaltavano la mia genialità, cancellando di colpo l’oscura meschinità del mio ego, della mia coscienza. Sì, certo, quei momenti mi rendevano peccatrice, ma in seguito avrei sempre avuto la possibilità di pentirmi, di redimermi, di purificarmi e di espiare, insomma di liberarmi di tutte le colpe accumulate con questi miei peccatucci sessuali, recitando, ovviamente, le innumerevoli, giuste e dovute preghiere di riparazione. Per farla breve, questo mio piccolo vizietto non era altro che un astruso gioco d’incastri che, ogni volta, in quei pochi, ma intensi minuti di congiungimenti carnali, anche multipli, mandava in estasi il mio corpo, unitamente all’anima, permettendomi di interagire con un mondo soprannaturale, un vero e proprio eldorado di appagamenti e di godurie. Un’esperienza davvero straordinaria, eccezionale e unica, assolutamente non descrivibile soltanto a parole. Peccato però, che sul più bello, ovvero alle cinque del mattino, come del resto ogni santa mattina, suonò la campanella del convento che invitava tutte le suore di clausura, incluse le novizie come me, a svegliarsi, alzarsi e a mettersi in preghiera.
Angelica C.
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