Correvo velocissima. Urlavo, ansimavo, anelavo. Piangevo dal dolore e singhiozzavo. Ero viva ma anche colpevole d’esserlo. Nubi caliginose s’addensavano sul mio futuro. Nebbie informi si dilatavano nell’aria. Sospiri lamentosi scaturivano dalle fogne mentre le mie narici assaporavano lunghe sorsate di malsani miasmi. Stavo per perdere i sensi, i sensi di una ragazza invisibile, una giovane donna che non sa nemmeno chi è, né da dove viene, né perché si trova lì, né cosa ci fa. Sono una cavia oppure un mostro? Chi sono io? Ho solo pochissimi ricordi. Ricordo grandi piante e gemme scintillanti, valanghe di polvere, e venti, e piogge, e folgori. E’ tutta qui la potenza dei miei ricordi. Solo piccoli frammenti, misere fiammelle di verità. Ma eccoli che arrivano! Di nuovo! Ancora una volta vengono a prendermi. Stanno per raggiungermi quaggiù, qui nella mia cella dalle pareti traslucide, in questo mio piccolo e tenebroso ripostiglio fiocamente illuminato. Vogliono farmi ingoiare ancora quelle solite e maledette pillole. Dicono che sono nutrienti, che aiutano il mio sostentamento, che mi calmano e che mi fanno dormire. Ma gli uomini con i camici sono tutti bugiardi,non dicono mai la verità. Urlo, ma nessuno mi sente! Come se la mia bocca fosse muta. Sono caduta ancora una volta nelle loro grinfie. Dicono che sono pazza, che sono matta da legare! E forse lo sono davvero. Quasi quasi ci credo anch’io, anche perché si dice in giro che loro non sbagliano mai, che loro hanno sempre ragione. Io però mi domando, ma la ragione non era dei matti?
Angelica C.
Questo post ha 1 commenti |