Una travolgente gelosia - Angelica Racconta

Sogghignava. Il suo malefico sguardo si stagliava nitido sul fondo della grande stanza. Il suo roco sussurro s’udiva da ogni direzione. Ormai i suoi infingimenti mi avevano messo con le spalle al muro. Non era più questione di pregiudizi o di tabù, ma avevo davvero paura, una folle paura di lui, un puro terrore! Vorrei tanto non aver mai conosciuto quell’essere odioso, quel mostro schifoso. Purtroppo adesso, anche per me, si prefigurava il peggio! La mia prematura fine! E non era soltanto un brutto presentimento! E pensare che poco prima eravamo tutti allegri. Mangiavo, bevevo, ballavo, cantavo, facevo sesso con lui e, a rotazione, con tutti gli altri. Una felina, selvaggia, dissennata e interminabile orgia d’amore. Poi la sua insana gelosia e le urla, le scene di profondo, di folle terrore, infine la mattanza di tutti i suoi rivali. Una vera strage. Membra sparse e sangue dappertutto, in terra e persino sui muri del grande salone addobbato a festa di quell’antica fortezza pietrificata. Un orribile crimine, un’immane carneficina perpetrata per un’assurda gelosia, per il tormento e per la paura di perdermi, di vedermi sottratta a lui, di privarsi, vita natural durante, del suo prezioso e amato giocattolo. Avevo le mani umide ed il mio corpo era animato da inquietanti sussulti. Si avvicinò a me. Voluttuosa sbirciai le sue forti e poderose membra, l’incanto dei suoi occhi azzurri, della bocca e delle sue labbra. Una vera perfezione architettonica, un corpo plasmato per essere goduto fino all’ultimo respiro. Quando lui, ancora una volta, entrò dentro di me, io scoppiai a ridere. Poi, in quell’assoluto momento di poesia, di musica e di calde parole, una fitta serie di suoni spasmodici e di respiri ansanti colmi di promesse risuonarono forti in quella rossa quanto improvvisata stanza mortuaria, in quel lugubre cimitero di corpi sezionati, di manichini umani privi di felicità, di fantasmi alitati dal fato delle nuvole. Ma quel magico incanto svanì di colpo quando io, madida di sudore, mentre appagavo le sue e le mie perverse voglie, gli conficcai più volte nell’addome quella lunga e affilatissima katana, la stessa con la quale egli aveva giustiziato e squartato tutti i suoi rivali, risparmiando solamente il mio corpo, non certo l’anima, e tutto per quel suo assurdo e inconcepibile amore, per quell’insano sentimento di gelosia che provava per me. Povero cretino! Cosa ti credevi? Di avermi in esclusiva? Fossi matta! Indi coprii il mio erotico, flessuoso e splendido corpo nudo con un mantello color rosso sangue e via! Spiccai il volo fuori da quel dannato fortilizio. Dall’alto del cielo, con i miei occhi di fuoco, potevo scrutare con estremo disagio quel fresco giacimento di inutili e caldi cadaveri. Era tutto vero, i miei sapienti mentori me l’avevano spiegato bene e mi avevano anche messo in guardia: “Attenta Angelica! Gli uomini, a causa del sesso, si comportano sempre come dei pazzi.” Per cui adesso cosa posso dire? Peggio per loro! Intanto io, librandomi leggera nell’inconfessata profondità di una magnifica, misteriosa ed inattaccabile volta forgiata con milioni e milioni di stelle un dì bandite dal creato, riacquistai, seppure in piccole dosi, il mio giusto equilibrio, dopodiché, velocemente, feci ritorno nel mio lontanissimo e sacrilego mondo. Indi scoperchiai la mia secolare lapide e, dopo essermi distesa nel mio piccolo ma adorato loculo, finalmente riuscii a ritrovare un po’ di serenità, d’intimità e di riposo. Proprio quello che mi ci voleva!

Angelica C.


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