Povero per colpa della crisi e ladro per necessità

Lucca friggeva sotto il sole. Sulle facciate di molte abitazioni le imposte erano quasi tutte serrate nel vano tentativo di creare un po’ di refrigerio. Sulla circonvallazione, a causa dei soliti lavori in corso, il traffico procedeva molto lentamente, direi a passo di lumaca. Alla fine, quando arrivai davanti al mio obiettivo, avevo accumulato almeno venti - venticinque minuti di ritardo sulla tabella di marcia. Ebbene sì, lo confesso, adesso che facevo parte della nuova categoria emergente dei nuovi poveri, io ero diventato un ladro, tutta colpa della crisi che mi aveva fatto perdere il lavoro. La fabbrica dove svolgevo le mie mansioni era fallita, e così, a quarant’anni suonati, con moglie e due figli minori da mantenere, due gemelli bellissimi, e non avendo più una fonte di reddito, mi restavano solo due scelte da fare, o suicidarmi, dandomi fuoco, oppure mettermi a rubare per poter mangiare. Scelsi la seconda soluzione, la più pratica, però almeno io rubavo soltanto per vivere, e l’avevo pure detto in confessione al bravo parroco della mia parrocchia, e lui mi aveva risposto che rubare per fame non era peccato e così mi aveva assolto. Che culo che avevo! Dunque, prima di giudicarmi e poi di sputarmi in faccia le vostre condanne, o i vostri vari ed eventuali lazzi e tricche ballacche, che diamine, almeno fatemi finire! Dunque, ero arrivato alla meta dopo aver percorso una strada che si inerpicava in una zona abbastanza impervia che costeggiava una macchia di arbusti e una fitta boscaglia di castagni. Mi avvicinai alla chiesa che stava lassù, in alto, leggermente distaccata dal paese. Vicino ad essa c’era la canonica, dove abitava il parroco di quel piccolo paese collinare a pochi chilometri da Lucca. In quel preciso momento quasi tutto il paese era a messa, ed ovviamente il rito liturgico veniva officiato dal parroco di quel grazioso borgo. Pertanto avevo campo libero, potevo tranquillamente introdurmi nella casa del prete approfittando della sua assenza per agire indisturbato ed arraffare i soldi raccolti durante le sante messe degli ultimi fine settimana, grazie alle donazioni dei parrocchiani. Da una soffiata amica, avevo saputo che il parroco versava in banca tutto il ricavato delle offerte il primo lunedì di ogni mese. Non per nulla avevo scelto proprio quella domenica lì. Forzai la porta con un piede di porco. Entrai. Andai a colpo sicuro verso la scrivania del parroco che era posta nello studiolo vicino alla cucina. Trovai il malloppo racchiuso in una busta nel primo cassetto della scrivania. Fuori dalla busta c’era scritto: trecentoventicinque euro! Il cuore mi batteva a mille. Afferrai la busta e subito me la misi in tasca pensando tra me e me: grazie a Dio per almeno una quindicina di giorni io e la mia famiglia non soffriremo la fame. Non feci nemmeno in tempo a pensare quella frase che mi si gelò il sangue. Mi girai! Il Parroco era lì, di fronte a me. Accidenti a quel mio maledetto e fottuto ritardo! La messa era già finita, ma io non potevo andarmene in pace! E poi lui no, no e proprio no e assolutamente no! Non era il buon Don Matteo di Rai Uno, quello che benedice e perdona tutti, ladri e assassini compresi! Morale della favola dopo una trentina di minuti ero già seduto all’interno di una volante della questura che mi stava portando al commissariato. E per fortuna che rubare per fame non era peccato! Evidentemente non era così per tutti i sacerdoti. Quello della mia parrocchia era una specie di mosca bianca, un sacerdote che, rispetto ai propri colleghi, era ricco di rarissime doti umane, era compassionevole nei confronti dei vinti e comprensivo e ricco d’amore e di carità per il prossimo. E così attualmente sto scontando la mia prima pena in carcere, ma almeno qui posso mangiare tutti giorni a gratisse. Ah, dimenticavo! Nel frattempo mia moglie ha trovato un lavoro come badante ad una signora molto anziana, così potrà mangiare pure lei ed i nostri adorati bambini. Ma certo! Bravi! Avete indovinato! E’ stato proprio Don P., il parroco della nostra parrocchia che ha trovato quel buon lavoro a mia moglie, ed è proprio lui che devo ringraziare di cuore per tutto ciò che ha fatto, che fa e che farà, per tutti quelli come me che oramai appartengono, di fatto, alla nuova classe emergente dei nuovi poveri.

El Chapo


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