Prologo di Stravaganze: Fidarsi è bene, ma...

Prima parte:
Per carità, è stato un incontro assurdo ai massimi livelli. Non quadrava nulla. Non è che si possa pensare minimamente che io fossi talmente fessa da pigliare per vera quella montagna di fandonie che mi stavano rifilando. No, sicuramente avevano una strategia ed io dovevo intuire cosa girava nella loro zucca. Le loro storie erano talmente assurde da farmi addirittura pensare che fossero vere. Ma quei farabutti non mi avrebbero fregata. E, infatti, appena mi voltai, un colpo secco mi trafisse la schiena. Il secondo mi perforò nuca, cervello e altre cosette varie ed eventuali, poste lì da quelle parti. Caddi riversa a terra con la testa che zampillava sangue in ogni dove. Visto? Avevo ragione. Non c'era proprio da fidarsi di quei luridi mascalzoni!

Catrovacer Gemma

PROLOGO:
Ero morta? Ero viva? Non sentivo alcun dolore, ma udivo e vedevo tutto ciò che mi circondava in quel momento. D’improvviso uscii fuori dal mio corpo e iniziai a volteggiare sulle teste dei miei carnefici, i quali vedendomi librare nell’aria in forma di gigantesca farfalla cercarono di fuggire gridando dalla paura. Ero del tutto simile ad una falena notturna, ma le mie ali mostravano uno splendore non comune a quel tipo di farfalla crepuscolare. Avevano il colore del loto ed erano screziate d’oro e d’argento. Una vera magnificenza, che assieme alla loro luminosità e la particolare soavità del colore costituivano l’intera mia bellezza, adesso racchiusa nel corpo di una colossale farfalla. I miei occhi erano talmente lucenti che parevano impregnati di spiritualità. Ma in me donna, in me anima, e in me adesso farfalla, alla natura, al carattere spirituale, alla sensibilità, all’adesione profonda ai valori religiosi, prevalse la vendetta, la ritorsione, la punizione come giusto e divino castigo per ciò che avevo subito da quella marmaglia di assassini pervertiti che oltre ad avermi ingannato, mi avevano accoppata vigliaccamente a sangue freddo. E così agitai nuovamente le mie ali con un movimento talmente veloce che in un battibaleno raggiunsi i miei assassini, i quali al mio arrivo si voltarono terrorizzati guardandomi in faccia. Svolazzai per un po’ attorno a loro, poi con una curva a spirale mi gettai ad una velocità impressionante sui loro atterriti corpi riducendoli in un solo attimo a polpette. Poi, dopo un piccolo indugio passai ancora in volo sopra l’uno e l’altro corpo, dopodiché agitai nuovamente le ali, mi innalzai in una grande spirale e con movimento leggermente serpeggiante e sinuoso mi diressi verso il vicino cimitero. Era già passato un mese dal mio prematuro decesso. Stavo diventando sempre più piccola, fino a quando raggiunsi la normale grandezza di una comune farfalla. Prima di cadere esamine sulla mia tomba, per l’ultima volta sbattei le ali che a poco a poco avevano perso ogni lucentezza e colore. Si sa, le farfalle sono molto delicate, hanno una vita breve e la loro bellezza svanisce alla loro morte. Di me, come farfalla, rimase solo un mucchietto di particelle scintillanti da cui il mistero della mia animalesca metamorfosi era purtroppo svanito per sempre.

Catrovacer Gemma

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