Direttrice d’orchestra o direttore? Il verdetto della Crusca dopo il caso Venezi a Sanremo “Ognuno ha il diritto di essere chiamato come vuole nell’ambito della pluralità degli usi esistenti nella lingua italiana: scegliendo la definizione ‘direttore’ Beatrice Venezi ha adoperato un maschile cosiddetto inclusivo o non marcato. Una soluzione tradizionale, ben nota alla lingua italiana e che viene considerata tuttavia come una bestia nera da taluni, perché a loro giudizio non riconosce o occulta gli avanzamenti del dibattito di genere”.
Così il presidente dell’Accademia della Crusca, il professore Claudio Marazzini, sulla polemica sollevata da Beatrice Venezi, la più giovane direttrice d’Orchestra d’Europa (32 anni, originaria di Lucca) e co conduttrice della quarta serata del festival di Sanremo, dove ha dichiarato di desiderare per se stessa l’appellativo declinato al maschile, ovvero “direttore”.
“Per me quello che conta è il talento e la preparazione con cui si svolge un determinato lavoro. Le professioni hanno un nome preciso e nel mio caso è ‘direttore d’orchestra’”, ha detto Venezi sul palco dell’Ariston. “Mi assumo la responsabilità di quello che sto dicendo” ha concluso. Poche parole che hanno scatenato la polemica social, tra i detrattori del “politicamente corretto” e i difensori dell’uguaglianza di genere che passa anche per la lingua italiana. Proprio Laura Boldrini, la deputata del Pd e ex presidentessa della Camera, aveva chiamato in causa la Crusca, affermando:
“La declinazione femminile la si accetta in certe mansioni come ‘contadina’, ‘operaia’ o ‘commessa’ e non la si accetta quando sale la scala sociale, pensando che il maschile sia più autorevole. Invece il femminile è bellissimo. È un problema serio che dimostra poca autostima. Inviterei la direttrice Venezi a leggere cosa dice l’Accademia della Crusca, la più alta autorità linguistica del nostro Paese. Se il femminile viene nascosto, si nascondono tanti sacrifici e sforzi fatti”.
Ma, ricorda Marazzini, sul piano propriamente lessicale, Venezi aveva tre possibilità per definirsi: “una più tradizionale (direttore) che però taluni accusano di essere ideologicamente arretrata; una declinata al femminile (direttrice) ed una più innovativa (direttora). Ognuno ha quindi il diritto di fare la propria scelta, ma non può pretendere di imporla agli altri in maniera assoluta, né può pretendere che lo faccia qualche istituzione”, è il verdetto della prestigiosa accademia.
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