In queste ultime settimane, alle numerose criticità nella gestione della sanità pubblica toscana si sono aggiunti i problemi delle strutture ospedaliere della Valle del Serchio e della Garfagnana, al centro del dibattito politico locale.
Per fare un breve riepilogo delle numerose falle della tanto decantata sanità pubblica toscana è opportuno ricordare i problemi nel tracciamento di alcuni mesi fa dovuti alla mancanza di reagenti per effettuare i tamponi, cui ha fatto seguito la tardiva riapertura - peraltro in pompa magna - del reparto Covid di Lucca al Campo di Marte, che ha però avuto vita breve per la carenza di personale competente, facendo presto ritorno al San Luca con annessi grandi difficoltà organizzative a livello di spazi e di personale.
Nel mese di marzo sono poi saliti alla ribalta i forti ritardi nelle vaccinazioni degli anziani, facendo precipitare la Toscana tra le regioni con le peggiori performance in questo ambito e dando un’ulteriore mazzata al mito della sanità pubblica toscana come modello da seguire in tutta Italia. Mito peraltro offuscato fin dall’insediamento del nuovo Consiglio Regionale con l’approvazione quasi all’unanimità - dal PD alla Lega - della mozione presentata da Fratelli d’Italia per incentivare la privatizzazione della sanità per affrontare la pandemia.
Negli ultimi giorni, come se non bastasse, sono passate sotto la lente d’ingrandimento le carenze di organico all'ospedale Santa Croce di Castelnuovo, che rischiano di provocare un grave ridimensionamento del reparto di cardiologia e la chiusura dell'ambulatorio di ecografia.
Alcune prese di posizione su quest’ultima vicenda sono surreali, dato che provengono da consiglieri regionali PD che sostengono la giunta regionale e che, quindi, invece di presentare interrogazioni a sé stessi, dovrebbero riflettere sulle politiche di tagli alla sanità attuate dalla Regione negli ultimi anni.
Lo stesso si può dire per i leghisti nostrani, esponenti di un partito che a livello nazionale, e in particolare in Lombardia, ha sostenuto un modello di sanità basato su una privatizzazione spinta, che ha causato uno smantellamento dei servizi ai cittadini reso drammaticamente più evidente durante la pandemia.
I frutti di queste politiche scellerate si ripercuotono oggi sulla vita delle persone, specie quelle meno abbienti, in modo pesante.
Vogliamo fare solo un esempio. I sopracitati problemi del reparto di cardiologia e la chiusura dell'ambulatorio di ecografia, hanno una conseguenza immediata: spingono forzosamente i malati della Garfagnana, bisognosi di visite o esami, verso l'unica struttura privata presente sul territorio che, come ci segnalano in tanti, fa affari d'oro. Chi non può permettersi di pagare, però, non ha alternative: è costretto a rinunciare a curarsi, mettendo a repentaglio la propria salute. E questo vale anche per le prestazioni che, a causa delle lunghe liste di attesa del Cup, non possono essere ottenute a breve termine nella struttura pubblica, ma che il privato fornisce, contanti alla mano, velocemente.
Una situazione inaccettabile e immorale.
A questo punto le chiacchere stanno a zero: i presidi e i servizi sanitari pubblici della zona vanno mantenuti e potenziati, e su questo la Regione deve dare garanzie e assumere precisi impegni.
La pandemia ha aggravato anche in Garfagnana le condizioni di vita di molte persone. Ai tanti problemi che gli abitanti devono affrontare, non può sommarsi anche la negazione del diritto costituzionale alla salute, che va garantito senza se e senza ma.
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