Psicofarmaci: è “boom” perchè al mondo c’è sempre più gente e sempre meno persone?

Psicofarmaci: è “boom” perchè al mondo c’è sempre più gente e sempre meno persone?

Articolo del 2010


Il Forum intende tenere viva la questione “psicofarmaci”. Non solo e non tanto perché si registrano per alcune categorie di psicofarmaci aumenti sbalorditivi (per gli antidepressivi l’aumento è stato del 310 % in 8 anni) ma perché l’uso dello psicofarmaco continua a sostenere la prepotenza riduttiva del ritorno “delle psichiatrie della certezza”.

Con questo breve scritto, che ripropone quasi integralmente il paragrafo del Documento Fondativo relativo alla questione, cogliamo l’occasione per riproporre riflessioni e analisi che, siamo certi, possono accompagnare la quotidianità di quanti direttamente e criticamente coinvolti sulla scena.

Nel 2003 così scrivevamo:

“Riteniamo che la “questione degli psicofarmaci” vada riproposta all’attenzione. Sottovalutata spesso nella sua complessità anche nelle pratiche più avanzate, anche perché intorno agli psicofarmaci le multinazionali del farmaco, in perverso intreccio con le università, hanno ricostruito l’artefatto della divisione tra psichiatria biologico istituzionale e psichiatria sociale. Assegnando alla prima il compito di fornire e legittimare l’idea di avere le chiavi e la conoscenza dell’organo, e il modo con cui aggiustarlo, e alla seconda il compito di sostenere l’uso indifferenziato ed esteso degli psicofarmaci nella popolazione, integrandosi con i medici di medicina generale. Alla produzione partecipa la psichiatria biologica universitaria. La vendita è promossa dalla psichiatria dei servizi e dai medici di base. La verità è che da 50 anni non sono stati fatti significativi passi avanti nella ricerca di nuovi prodotti ed assistiamo ad un continuo riciclo, a prezzi superiori e a volte esorbitanti, di molecole note, anche se ripulite e meglio conosciute.

Nella prassi dei servizi di salute mentale, l’uso di farmaci da ausilio alla cura si trasforma nell’intervento principale, che declassa tutto il resto a puro intervento satellite, a mera pratica di supporto alle terapie farmacologiche stesse. La ricaduta sui servizi è notevole. Si crea un circolo vizioso in cui la necessità (vera o presunta) di somministrare farmaci giustifica perfino pratiche repressive come la contenzione.

Di fronte alla “efficacia” del farmaco, cioè alla sua capacità di dare risposte rapide, gli operatori non medici della psichiatria hanno spesso accettato un ruolo di “contorno”. Alcuni medici, dal canto loro, hanno rinunciato ad essere promotori di processi di cura articolati, in cambio di un indiscusso primato all’interno dei servizi e di una nuova immagine “professionale” da camice bianco ed esperto del cervello. Si aggiunga inoltre che le multinazionali del farmaco, finanziando ricerche universitarie, intervengono pesantemente anche sui manuali statistico-diagnostici.

La miopia, se non una vera e propria cecità, di fronte al preteso primato della terapia farmacologica è grave e travalica gli stretti limiti della psichiatria abbattendosi su altre istituzioni. Sul carcere, dove gli psicofarmaci vengono usati a sproposito per mille ragioni fra cui alcune strettamente connesse alle pratiche detentive e punitive; sulle case di riposo, dove servono ad adattare comportamenti disturbanti e noiosi da sindrome istituzionale degli anziani; sul sistema scolastico, sui centri di permanenza temporanea (per gli/le immigrati extracomunitari) e infine sulla società in generale”

Peppe Dell’Acqua

FORUM SALUTE MENTALE

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Estratto da www.lavocedilucca.it/post.asp?id=90073
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