DRAGHI HA FATTO CUCÙ: VOGLIO ANDARE AL QUIRINALE.


DRAGHI SFANCULATO! TUTTI I PARTITI DELLA MAGGIORANZA: RESTA LÌ E NON TI MUOVERE!
COL SOLITO GHIGNO DA GESUITA PARACULO MARIOPIO HA FATTO CUCÙ: VOGLIO ANDARE AL QUIRINALE. ED È SUBITO PARTITO UN GRAN PERNACCHIO. UN PASSO FALSO CHE LO RIPORTA TRA I COMUNI MORTALI, PESANTISSIMO PER LA SUA FIGURA INTERNAZIONALE: SE NON RAGGIUNGESSE I VOTI NECESSARI PERDEREBBE LA FACCIA E L’IMMAGINE DELL’ITALIA ANDREBBE A SCATAFASCIO; SE RIUSCISSE A FARSI ELEGGERE AL COLLE, QUANTA VITA AVREBBE LA STABILITÀ DEL GOVERNO?



Mariopio ha fatto cucù, è uscito allo scoperto e più gesuita di Sant’Ignazio di Loyola, ha sciolto l’equivoco, ovviamente in termini da gran paraculo. Quando dice, rivolto non ai giornalisti della conferenza stampa ma ai partiti della maggioranza, 'Sono un nonno al servizio della Repubblica', dice in sostanza che è pronto a salire al Quirinale.



La candidatura diventa quasi formale quando afferma: “Abbiamo conseguito tre grandi risultati. Abbiamo reso l’Italia uno dei paesi più vaccinati del mondo, abbiamo consegnato in tempo il Pnrr e raggiunto i 51 obiettivi. Abbiamo creato le condizioni perché il lavoro sul Pnrr continui”. Quindi mette il dito nella piega: “Il governo ha creato queste condizioni indipendentemente da chi ci sarà”.



Certo, anche con un premier che si chiama Daniele Franco o Marta Cartabia, rassicura il para-Draghi, “l’importante è che il governo sia sostenuto da una maggioranza come quella che ha sostenuto questo governo, ed è la più ampia possibile. È una maggioranza che voglio ringraziare molto”.



E, nella sua infinita bontà, tranquillizza anche i peones che rischiano di perdere il vitalizio se in questa legislatura non raggiungono 4 anni e sei mesi e un giorno in Parlamento: “È essenziale per continuare l’azione di contrasto alla pandemia, di rilancio della crescita, di attuazione del Pnrr che la legislatura vada avanti fino al suo termine naturale”.

Insomma, se io vado al Colle, non si va a votare: che volete di più?



In barba ai consigli dei vari poteri forti internazionali (Macron, Ursula, Scholz, Financial Times) e domestici (Carlo Messina, Giuseppe Guzzetti, Carlo Bonomi), a dispetto dei partiti (Salvini, Letta, Berlusconi, Conte, Di Maio), tutti all’unisono sul ritornello “Draghi resti a Palazzo Chigi”, ha vinto Serenella Cappello coniugata Draghi.



La moglie che non ha mai seguito Draghi governatore della Bce a Francoforte (lo raggiungeva solo nelle cerimonie ufficiali, mentre lui tornava a Roma nel weekend) non vuole fare le valigie: mejo sette anni al Quirinale che ritrovarsi fra un anno il marito a Bruxelles a guidare l’Unione Europea.


A questo punto, la palla passa ai partiti. Ora devono esprimere un sì o un no alla candidatura quirinalizia di Draghi. E’ ovvio che sono tutti incazzati. A partire da Berlusconi che da una parte ci credeva davvero della possibilità di diventare re d’Italia o, in seconda battuta, una volta sconfitto, trasformarsi in king maker e lanciare alla sinistra una candidatura gradita: quella di un Giuliano Amato. Ora le carte le dà Draghi e il Cavalier Banana è rimasto con il cerino in mano.



Idem con patate per Letta e Conte. Restano i due cavalli matti, Salvini e Renzi. Il primo, per salvarsi dalle unghie della Meloni, sa benissimo che il para-guru deve restare premier. Il secondo è capace di tutto, di più. Insieme potrebbero rispedire al mittente la disponibilità di Draghi di salire al Quirinale.




Ora deve venire allo scoperto la forza della “maggioranza ampia”. Letta, Berlusconi, Conte, Renzi, Salvini, avranno i coglioni per dire a Draghi non ti votiamo Capo dello Stato: sei più utile a Palazzo Chigi? Avranno il coraggio di fargli presente che, anche se è contrario al voto anticipato, ci sono momenti in cui un Franco o una Cartabia, privi della sua autorevolezza, difficilmente potranno evitarlo?



Avranno l’audacia di far capire al para-gesuita che, dopo queste dichiarazioni, comunque vada, sarà un insuccesso? Se non raggiunge i voti necessari farebbe una figura di merda di fronte al mondo e l’immagine dell’Italia andrebbe a scatafascio; se riuscisse a farsi eleggere, quanto vita avrebbe la stabilità del governo? E poi. al di là delle chiacchiere, finora le riforme del Pnrr hanno fatto due metri su cento.


E il “vaffanculo” non è tardato, da tutti i partiti: resta lì e non ti muovere (vedi agenzie a seguire).



Certo, se il grande gesuita dovesse rimanere inchiodato a Palazzo Chigi, la musica dei partiti non dovrebbe essere più stonata come quella degli ultimi tempi. Così discordata che ha fatto ballare più volte i nervi al premier. Un appoggio più sostanzioso e privo di ripicche sarebbe il minimo sindacale in cambio della sua permanenza a capo del governo.

Il grande bordello è iniziato, fate il vostro gioco…


Estratto da www.lavocedilucca.it/post.asp?id=90447
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