I dati dell'ordine dei medici: nel 18 per cento dei casi dalle parole si passa alle percosse
(12 marzo), è la giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, istituita per decreto a firma congiunta dei ministri della salute, dell’istruzione e della ricerca, coincide con la giornata europea in cui si celebra la stessa ricorrenza. Dall’ordine dei medici c’è grande attenzione al problema che negli anni è andato via via ad aumentare, raggiungendo picchi durante il periodo della pandemia, in cui i pronto soccorsi sono stati letteralmente presi d’assalto.
A guardare i numeri il fenomeno è preoccupante: nel 2019, con dati che si avvicinano a quelli odierni, si parla di circa 1300 aggressioni l’anno per il personale sanitario, quattro al giorno, alle quali si aggiungono 1850 denunce ai danni di operatori socio sanitari. Il dato presenta anche un enorme sommerso, che indica il personale che poi non ha proseguito con la denuncia. Nel 70 per cento dei casi le vittime sono donne, gli scenari delle aggressioni principalmente sono il pronto soccorso, la continuità assistenziale, la guarda medica, il 118 e le residenze sanitarie. Il 60 percento di queste aggressioni si manifestano con minacce, il 20 per cento da percosse, il 10 per cento da violenza a mano armato e l’altro 10 per cento con atti di vandalismo.
I responsabili per il 50 per cento sono gli stessi pazienti, il 30 per cento i familiari , per l’11 per cento i parenti e per l’8 per cento gli utenti. Le fasce orarie in cui si verificano maggiormente le aggressioni sono le ore serali e notturne, la categoria maggiormente colpita è quella degli ausiliari sanitari del 58 per cento, poi gli infermieri con percentuali che vanno dal 23 al 14 per cento a seconda dei contesti sociali e i medici sono interessati per una percentuale del 2,5 per cento. Si tratta di dati difficili da reperire come dichiara l’ordine dei medici, perché molte persone rinunciano a denunciare per timore di rappresaglie.
“Una giornata come questa è importante e coincide con la giornata europea che serve a ricordare gli operatori sanitari coinvolte in fatti di violenza – dice il presidente dell’ordine dei medici di Lucca, il dottor Umberto Quiriconi -. Lo scopo è cercare di mettere in atto misure preventive su questo triste fenomeno, che in Italia coinvolge 1200 operatori sanitari. Occorre concentrarsi anche su interventi educativi sui cittadini, allo scopo di arginare questi episodi. Finalmente è divenuta operativa la legge a tutela degli operatori sanitari vittime di violenza che prevede il procedimento d’ufficio per chi subisce atti di violenza e l’istituzione di un osservatorio nazionale sui questi fenomeni”.
“Questa giornata sta ad enfatizzare, quello tanto voluto, dalla normativa 113 del 2020, in quanto ricorda quello che ogni giorno la professione infermieristica deve affrontare in prima linea – dichiara la presidente dell’ordine degli infermieri di Lucca, la dottoressa Guadalupe Capizzano -. Sicuramente 240 mila infermieri avranno avuto un evento di violenza fisica, psicologica e verbale durante la carriera lavorativa, in quanto, come ben sapete, i setting sono accolti in prima battuta dalla professione infermieristica. E’ un percorso lungo da fare ma questa giornata aiuterà ad avere una maggiore consapevolezza del problema”.
Numerosi anche gli episodi accaduti sul nostro territorio, come ricordano alcune slide presentate dal Gruppo aziendale per le prevenzione e la gestione degli atti di violenza sugli operatori, dell’Asl, che ha lo scopo di raccogliere le segnalazioni, uno dei più gravi quello che si è verificato lo scorso novembre al pronto soccorso, in cui sei operatori sono stati aggrediti, riportando lesioni gravi e fratture. Per monitorare questo fenomeno sono iniziate dal giungo 2013, una raccolta di segnalazioni che conta 306 schede, fino a dicembre 2021. In questo modo, è stato possibile individuare la situazione nel nostro contesto. Il 78 per cento delle aggressioni avviene nei confronti del personale femminile, per il 52 per cento si verificano ai danni di operatori socio sanitari, per il 40 per cento su infermieri e per l’8 percento nei confronti di medici. I soggetti aggressori per il 65 per cento sono maschi e nel 67 per cento è un accompagnatore del paziente, nel 29 per cento dei casi il paziente stesso, nel 60 per cento i motivi che portano all’aggressione è il basso codice di priorità assegnato. I luoghi in cui avvengono le aggressioni sono per il 50 per cento nelle sale d’attesa dell’ospedale, il 20 per cento negli ambulatori, il 9 per cento nel triage e 21 per cento nei corridoi, sale d’attesa interne, multifunzione e Obi. Nel 65 per cento dei casi l’aggressione si esplica con minacce esplicite, il 18 per cento con contatto fisico e il 2 per cento con l’uso di armi.
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