Porcari: ultimo saluto a Raoul studente del Liceo Musicale

PORCARI. Amava il giallo Raoul e quel colore ha accompagnato il suo ultimo viaggio. Gialli erano i palloncini che sono stati fatti volare alla fine della cerimonia, gialle erano le magliette e anche le mascherine indossate da tanti dei presenti. E anche chi non aveva un capo di abbigliamento di quel colore, aveva comunque con sé un elemento, che fosse un fiocco o un foulard, giallo. Così come gialla era la sua auto, un’utilitaria Fiat che aveva più anni di lui, ma che sembrava appena uscita di fabbrica. Perché anche in questo, nell’attenzione (che fosse verso le cose o le persone) si legge la personalità di questo ragazzo, strappato alla sua famiglia e ai suoi tanti affetti da un malore improvviso.

Chi fosse Raoul Biagiotti, il diciannovenne spirato domenica scorsa all’ospedale di Livorno, è stato scritto più volte: un ragazzo che si spendeva per gli altri, impegnato nel volontariato, studente – tra poche settimane si sarebbe diplomato al liceo Passaglia – e lavoratore (proprio mentre stava facendo il cameriere alla Capannina è arrivato quel maledetto malore che lo ha portato via). E anche una persona attenta agli altri e al mondo attorno a lui, al punto di decidere di donare gli organi nell’eventualità più drammatica. Un desiderio che è stato esaudito quando quella terribile eventualità si è verificata.


Insomma, un ragazzo come ormai se ne trovano pochi. Ma non fraintendete, nel suo caso serietà non vuol dire tristezza. Anzi. Il sorriso, il suo e quello che generava in chi gli stava accanto, era – a detta di chi lo conosceva – una delle caratteristiche più belle di Raoul. Quel sorriso che, come ricordato da don Americo Marsili durante la sua sentita omelia, donava ai ragazzi dell’oratorio. Ed è così, con il tentativo di far vincere il sorriso in una sorta di continuo tiro alla fune con le lacrime, che è stato ricordato ieri, in una cerimonia funebre che ha voluto essere l’esatto contrario di un addio, ma piuttosto un’occasione per mantenerne vivo il ricordo. Del resto sempre don Americo lo aveva anche detto: «La vera morte è essere dimenticati». Ecco, difficile dimenticare un ragazzo come lui, anche perché erano davvero in tanti a conoscerlo e ad amarlo, come dimostrato dalle persone presenti al funerale, molte costrette ad attendere fuori sul sagrato.

All’interno i familiari, mamma Bernadette, papà Aldo, il fratellino e la sorellina, i nonni e gli zii, la sua ragazza. E poi gli amici di famiglia, i compagni di scuola, quelli di Raoul e quelli dei fratelli. In un angolo, in disparte, il sindaco di Porcari Leonardo Fornaciari, e in una navata tanti bambini con la casacca della Lucchese: i compagni di squadra del fratellino di Raoul. E proprio loro hanno fatto da cornice, schierati ai lati del portone, all’uscita del feretro. Uscita che è stata significativamente aperta dal passaggio del labaro dell’Aido, l’Associazione donatori organi. Poi l’abbraccio della folla ai familiari, tra cui quello particolarmente toccante dei compagni di squadra e dell’allenatore al fratellino.

E prima che il carro funebre partisse alla volta del crematorio il momento del ricordo. Un momento in cui si è capito molto sul da dove arrivasse lo spirito che caratterizzava il ragazzo: dalla sua famiglia. Quella bellezza d’animo che i genitori, sorretti da una grande fede, hanno dimostrato anche in quest’occasione, sforzandosi nel nascondere le lacrime dietro a un sorriso, perché è così che Raoul li avrebbe voluti vedere. Sono stati loro a consolare i presenti e, prima dell’ultimo viaggio, sul sagrato si sono alternati tanti amici, compagni di scuola, che hanno ricordato episodi e scherzi con Raoul come protagonista e autore, riuscendo a strappare qualche momento di ilarità prima di cedere il passo ai singhiozzi. Un momento toccante, soprattutto quando il ragazzo è stato ricordato dalla nonna, dalla sua ragazza e dalla sorellina. Mentre in cielo si allontanavano quei palloncini gialli.


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Estratto da www.lavocedilucca.it/post.asp?id=92798
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