Banca del Monte di Lucca: mantenere marchio ed autonomia giuridica

Il territorio lucchese naviga da parecchio tempo senza strategie, senza attenzione al futuro del suo tessuto sociale ed economico e senza memoria del suo importante passato. Nel vuoto di una classe dirigente assente, immobile e autoreferenziale, non solo politica, abbiamo assistito al progressivo depauperamento di una secolare e tradizionale attività che ha fatto crescere Lucca nei secoli: quella bancaria. Con leggerezza e miopia è stata ceduta la Cassa di Risparmio, una delle più importanti e “ricche” della Toscana alla Banca Popolare di Lodi, oggi inglobata nel Banco Popolare. Quasi contemporaneamente è stato ceduto il controllo della storica Banca del Monte (del 1489) alla Cassa di Risparmio di Genova, oggi passata nelle mani del gruppo Bper (Banca popolare della E milia Romagna), con sede a Modena, a sua volta controllata dal colosso delle Assicurazioni Unipol. Tutto questo dopo 10 anni terribili per Carige, con diversi aumenti di capitale, crolli in borsa e perdite miliardarie. Queste vendite hanno origine nel percorso di riforma del sistema bancario italiano iniziato negli anni ’90. La legge Amato ha permesso infatti alle banche di trasformarsi da una parte in società per azioni e dall'altra di generare delle Fondazioni a cui sono state trasferite tutte quelle attività non tipiche dell'impresa. Queste hanno assunto nel tempo un notevole rilievo, specialmente per le attività culturali e sociali dei territori, ma, contrariamente alle previsioni, hanno mantenuto un peso in termini relativi in molte banche. Da un lato quindi si è voluto togliere dalle “mani” della politica il controllo diretto sul settore bancario, ma dall’altro abbiamo consegnato quest’ultimo alla finanza più speculativa, riconoscendo la possibilità di operare contemporaneamente come imprese commerciali e di investimento. Con il protagonismo dei “soliti” manager super pagati che fanno il “buco”, trasferendosi subito dopo in un’altra. Così la grande crisi finanziaria internazionale del 2007-2013 ha fatto barcollare l’intero sistema, con decine di miliardi di perdite (es. Mps, Banche Venete ecc.). Ecco perché il bilancio della riforma Amato vede più ombre che luci. La corsa alla aggregazione, motivata da concorrenza internazionale, indici di bilancio BCE, managerialità professionale, costi innovazione ed altro, sta presentando il conto: i territori hanno perso e continuano a perdere centinaia di istituti bancari. Mentre in Germania esiste ancora la rete delle Casse di Risparmio (Sparkasse), qui abbiamo voluto cancellare secoli di esperienze, contatti, presenze. Ma la storia economica insegna che la tendenza al piccolo o al grande muta nel tempo. Disfarsi totalmente di un marchio e di una territorialità può essere molto pericoloso. Una luce che si spenge difficilmente, ci fosse il bisogno, si riaccenderà. La Banca del Monte di Lucca ha circa 600 anni, essendo stato uno dei primi Monti di Pietà della Toscana. Apprendiamo negli ultimi giorni che è stato venduto proprio lo storico segmento pegno, il “cuore” del Monte di Pietà. Una vendita passata sotto silenzio ! Ora sarebbe vicina la fusione della intera banca nel gruppo Bper. Il prof. Stefano Zamagni, economista di fama internazionale e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, presente a Lucca il 10 maggio, ci ha ricordato come “ogni sviluppo economico locale abbia bisogno di una banca locale”. In più, la corsa alle aggregazioni contraddice tutta la letteratura della “buona concorrenza”, creando pochi Monopoli di fatto, con evidenti rischi di costi e di qualità del servizio. Tutto è in mano ai soci di minoranza della Banca, cioè le Fondazioni lucchesi. Queste gestiscono un patrimonio che proviene e si è creato nel territorio. E con il territorio dovrebbero raccordarsi, almeno sulle decisioni straordinarie (e la vendita è l’operazione più straordinaria di tutte). Oltretutto le Fondazioni hanno in mano il futuro della Banca del Monte, per lo Statuto della stessa Banca che impedirebbe la fusione senza un accordo tra i soci. Chi dice che il percorso delle fusioni è un percorso obbligato, necessario, ineluttabile, mente. O ignora, che è peggio. La città, il suo sindaco, il suo presidente della provincia, non sempre pronti a leggere gli avvenimenti, devono, attraverso proprio le Fondazioni lucchesi, lavorare perché, pur all’interno di un gruppo bancario più articolato e secondo una logica federativa, si possa mantenere marchio ed autonomia giuridica. Questo per il presente dei suoi dipendenti, ma soprattutto per il futuro della città. “Non c’è democrazia politica, senza democrazia economica”.


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Estratto da www.lavocedilucca.it/post.asp?id=93009
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