Il presidente Usa riceve alla Casa Bianca il premier italiano Biden a Draghi: “Hai unito la Nato e l'Ue” Draghi sostiene 'una pace che vuole l'Ucraina, non imposta né da certi alleati, né da altri'
Il 10 maggio si è svolto a Washington l'incontro tra Mario Draghi e il presidente Usa Joe Biden. La visita era già stata programmata da tempo, ma il momento particolare in cui è venuta a cadere non poteva non influenzare e dominare i temi in agenda, a cominciare dalla situazione in Ucraina e i suoi risvolti internazionali. A oltre due mesi dalla criminale guerra di aggressione scatenata da Putin la situazione militare sembra andare verso un sostanziale bilanciamento delle forze in campo, e di fronte alla prospettiva di un incancrenirsi indefinito del conflitto sono ricomparse, almeno a livello europeo, caute aperture all'ipotesi di trattative per giungere a un cessate il fuoco. E questo soprattutto da parte del presidente francese Macron e del cancelliere tedesco Scholz, anche in risposta alle dichiarazioni più oltranziste del segretario della Nato Stoltemberg. Anche in Italia si assiste ad un certo riposizionamento delle forze di governo, con Giuseppe Conte che nei giorni precedenti la partenza di Draghi chiedeva insistentemente che venisse in parlamento per discutere sugli obiettivi dell'Alleanza atlantica e dell'Italia prima di volare a Washington, rimettendo in discussione anche l'invio di armi pesanti all'Ucraina previsto dal terzo decreto in preparazione e minacciando la stabilità stessa della maggioranza di governo. Anche Salvini, che dal giorno dell'invasione si è messo opportunisticamente in modalità “pacifista”, pur non offrendo sponde al capo del M5S chiedeva a Draghi di “portare a Biden il desiderio di pace degli italiani”. Perfino il superatlantista e superdraghiano Enrico Letta, riferendosi a certe posizioni contrarie ad ogni trattativa espresse oltreatlantico, in sede Nato e nella stessa Ue, era arrivato a dichiarare al Corriere della Sera che “l'idea di battere l'avversario non mi appartiene”.
Draghi equilibrista tra atlantismo e apertura a negoziati È con questo clima alle spalle che Draghi, “il più europeista degli atlantisti e il più atlantista degli europeisti”, come qualcuno lo ha definito, si è presentato al leader della coalizione occidentale col non facile compito di rinsaldare il tradizionale asse di ferro dell'Italia con l'imperialismo Usa, e al tempo stesso non distaccarsi troppo dal gruppo franco-tedesco, assieme al quale aspira a guidare l'Ue, facendosi interprete con Biden anche delle posizioni trattativiste emerse in sede europea e nella stessa maggioranza che lo sostiene. Ed è alternando questi due registri, già nel primo incontro pubblico alla Casa bianca, davanti ad un Biden che lo aveva accolto come “un buon amico e un grande alleato”, “uno degli alleati più stretti che abbiamo avuto nel rispondere alla brutalità di Putin”, che Draghi ha esordito rispondendo che “i legami tra i nostri due Paesi sono sempre stati molto forti e, semmai, questa guerra in Ucraina li ha resi ancora più forti”, incassando con ciò un compiaciuto “sono d'accordo” dal suo interlocutore. E “se Putin ha mai pensato di poterci dividere – ha proseguito il premier – ha fallito. Su questo non c'è dubbio. Siamo uniti nel condannare l'invasione dell'Ucraina, nel sanzionare la Russia e nell'aiutare l'Ucraina come ci chiede il Presidente Zelensky”. Ma subito dopo Draghi ha aggiunto: “Ma devo dire che in Italia e in Europa la gente vuole porre fine a questi massacri, a questa violenza, a questa macelleria che sta avvenendo. E la gente pensa a cosa possiamo fare per portare la pace. Certamente dobbiamo usare ogni canale di comunicazione diretto e indiretto. Ma è sufficiente? Cosa possiamo fare? La gente pensa che - almeno vuole pensare - alla possibilità di portare un cessate il fuoco e di ricominciare dei negoziati credibili. Questa è la situazione attuale. Penso che dobbiamo riflettere a fondo su come affrontare la questione”. Ma a questa pur cauta rappresentazione della posizione italiana ed europea circa l'opportunità di aprire ad eventuali negoziati, il presidente Usa non ha fatto commenti. Draghi si è quindi affrettato a terminare il suo discorso tornando sul più scontato terreno della solidità dell'alleanza tra i due Paesi, sottolineando che “quello che è successo in Ucraina porterà un drastico cambiamento nell'Unione Europea. Siamo sempre stati vicini; ora saremo molto più vicini”. E stavolta Biden ha mostrato di nuovo tutto il suo gradimento dicendo al premier italiano: “La cosa che più apprezzo di lei è il suo sforzo fin dall'inizio per portare la Nato e l'Ue in sintonia. Putin credeva davvero di poterci dividere”.
Intesa piena solo su armi a Kiev, Cina e Libia Successivamente i due si sono chiusi nello studio ovale per un colloquio di un'ora e mezzo, al termine del quale non c'è stata la consueta conferenza stampa congiunta, come ci fu per esempio con Scholz, ma solo un comunicato congiunto. Secondo i retroscena della stampa Biden si sarebbe mostrato scettico sulla possibilità di favorire negoziati seri tra Mosca e Kiev. Nel comunicato congiunto, infatti, mentre da una parte si riafferma con enfasi “il forte e ampio partenariato Usa-Italia che si riflette nei legami profondi e duraturi tra il nostro popolo e i nostri paesi, di cui la nostra alleanza attraverso la Nato e la partnership Usa con l'Ue sono componenti fondamentali”, dall'altra, a proposito della guerra “non provocata e ingiustificata della Russia in Ucraina”, si dice solo che le due parti hanno sottolineato “il loro continuo impegno nel perseguire la pace sostenendo l'Ucraina e imponendo costi alla Russia”. Come dire che di pace si potrà parlare solo dopo aver inflitto una sconfitta militare significativa a Putin. Altrettanto scettico Biden sarebbe stato sulla richiesta di Draghi di fissare un tetto mondiale al prezzo del gas, in vista dell'aumento delle forniture di gas naturale promesso dagli Usa all'Italia, mentre si sarebbe dichiarato disponibile a calmierare il prezzo del petrolio aumentandone la produzione, ma senza pregiudicare “i nostri obiettivi di transizione energetica”. Da parte sua Draghi avrebbe confermato la disponibilità del governo italiano a chiudere i rubinetti del gas russo “anche domattina”, pur riaffermando che la decisione va presa a livello europeo. Infatti il comunicato accenna solo genericamente alla discussione tra i due di “misure volte a promuovere la sicurezza alimentare e a rimodellare i mercati energetici globali”. Al presidente Usa premeva soprattutto avere dal premier italiano – e le ha avute – rassicurazioni sulla politica di inflessibilità verso la Cina e sulla fornitura di armi a Kiev, con i cannoni e i blindati promessi, e il rafforzamento dei contingenti italiani in Bulgaria e Ungheria, che del resto il ministro Guerini aveva già annunciato. Draghi ha ottenuto il suo appoggio sul dossier aperto sulla Libia che, gli ha detto, “può essere un enorme fornitore di gas e petrolio per l'Italia e per l'Europa”. “Tu cosa faresti?”, gli ha chiesto Biden. “Dobbiamo lavorare insieme per stabilizzare il Paese”, gli ha proposto il premier. Nel comunicato si fa riferimento infatti alla cooperazione Usa-Italia “su sfide di politica estera condivise, comprese Cina e Libia”.
No ad una pace “imposta agli ucraini” Nella conferenza stampa tenuta il giorno successivo, Draghi non ha comunque lasciato cadere il tema dei negoziati per la pace. Nel suo discorso introduttivo, subito dopo aver riferito che Biden ha definito l'Italia “un partner forte, un alleato affidabile, un interlocutore credibile”, mentre lui lo ha ringraziato “per il ruolo di leadership che sta esercitando in questa crisi”, Draghi ha infatti aggiunto: “In questo incontro siamo stati d'accordo sul fatto che occorra continuare a sostenere l'Ucraina, a far pressioni su Mosca e occorra anche, però, cominciare a chiedersi come si costruisce la pace. Il percorso negoziale è molto difficile, ma il primo punto è come costruire questo percorso negoziale. Un punto molto importante è che questa pace deve essere la pace che vuole l'Ucraina, non una pace imposta né da un certo tipo di alleati né da altri”. Il premier italiano, quindi, su questo tema appare piuttosto allineato a Francia e Germania, almeno in linea di principio, specialmente con quel riferimento finale anche a certe dichiarazioni oltranziste di Stoltenberg che erano sembrate sopravanzare lo stesso governo ucraino. Fino a che punto poi Biden sia stato veramente d'accordo con lui sulla necessità di costruire un negoziato con Putin, è tutta un'altra questione. Rispondendo alle domande dei giornalisti Draghi ha comunque insistito sul punto, cercando anche di spiegare quale sarebbe secondo lui l'elemento di novità che consentirebbe di riaprire un negoziato, individuandolo nel fatto che “inizialmente era una guerra in cui si pensava ci fosse un Golia e un Davide”, ma oggi “il panorama si è completamente capovolto”, e “quella che sembrava una potenza invincibile sul campo, e per quanto riguarda una guerra fatta con armi convenzionali, si è dimostrata una potenza non invincibile. Questo porta tutte le parti a fare una riflessione su quelli che sono gli obiettivi della guerra. Quali obiettivi ci si propone, da entrambe le parti”.
I dubbi di Draghi sugli sviluppi della guerra Su come e attraverso quali passi si possa poi avviare questo negoziato neanche Draghi ha le idee chiare, ed è emerso da certe contraddizioni in cui è incorso sostenendo prima che “è uno sforzo che devono fare tutti gli alleati, ma in particolare ovviamente la Russia e gli Stati Uniti, di sedersi a un tavolo”; mentre ad una domanda successiva si è corretto negando di aver detto che ci vuole un tavolo tra Stati Uniti e Russia, e ha precisato invece che “ci vuole un tavolo con tutti, ovviamente l'Ucraina è l'attore principale intorno a questo tavolo. Bisogna togliere il sospetto - che soprattutto le parti più deboli, e cioè che gli ucraini in questo momento hanno - che si arrivi a una pace imposta, a una pace che magari fa comodo agli Stati Uniti, agli europei, ai russi, ma non è accettabile dagli ucraini”. Sembra anzi che negli interventi di Draghi si riflettessero più che altro i dubbi e le domande che le cancellerie europee e lo stesso governo italiano si stanno ponendo sull'andamento della guerra e su quali sviluppi augurarsi. Come ad esempio quando ha detto che chiunque promuova un negoziato di pace “deve essere una persona, un Paese, delle Istituzioni che non cercano affermazioni di parte. Non bisogna cercare di vincere qui, perché oltretutto se uno ci pensa un istante la vittoria non è definita. Che significa vincere? Per gli ucraini sicuramente è definita: significa respingere l'invasione. Ma per gli altri”? Il 19 maggio Draghi andrà in parlamento a riferire sull'incontro con Biden, dove fra l'altro sull'invio delle armi pesanti a Kiev lo attendono al varco i “mal di pancia” di M5S e Lega, e si vedrà se in quell'occasione arriverà a chiarire fino in fondo le sue posizioni rispetto agli Usa e ai suoi partner europei e sul ruolo dell'Italia nel favorire un negoziato per arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina.
18 maggio 2022 Biden a Draghi: “Hai unito la Nato e l'Ue” Draghi sostiene 'una pace che vuole l'Ucraina, non imposta né da certi alleati, né da altri'
Il 10 maggio si è svolto a Washington l'incontro tra Mario Draghi e il presidente Usa Joe Biden. La visita era già stata programmata da tempo, ma il momento particolare in cui è venuta a cadere non poteva non influenzare e dominare i temi in agenda, a cominciare dalla situazione in Ucraina e i suoi risvolti internazionali. A oltre due mesi dalla criminale guerra di aggressione scatenata da Putin la situazione militare sembra andare verso un sostanziale bilanciamento delle forze in campo, e di fronte alla prospettiva di un incancrenirsi indefinito del conflitto sono ricomparse, almeno a livello europeo, caute aperture all'ipotesi di trattative per giungere a un cessate il fuoco. E questo soprattutto da parte del presidente francese Macron e del cancelliere tedesco Scholz, anche in risposta alle dichiarazioni più oltranziste del segretario della Nato Stoltemberg. Anche in Italia si assiste ad un certo riposizionamento delle forze di governo, con Giuseppe Conte che nei giorni precedenti la partenza di Draghi chiedeva insistentemente che venisse in parlamento per discutere sugli obiettivi dell'Alleanza atlantica e dell'Italia prima di volare a Washington, rimettendo in discussione anche l'invio di armi pesanti all'Ucraina previsto dal terzo decreto in preparazione e minacciando la stabilità stessa della maggioranza di governo. Anche Salvini, che dal giorno dell'invasione si è messo opportunisticamente in modalità “pacifista”, pur non offrendo sponde al capo del M5S chiedeva a Draghi di “portare a Biden il desiderio di pace degli italiani”. Perfino il superatlantista e superdraghiano Enrico Letta, riferendosi a certe posizioni contrarie ad ogni trattativa espresse oltreatlantico, in sede Nato e nella stessa Ue, era arrivato a dichiarare al Corriere della Sera che “l'idea di battere l'avversario non mi appartiene”.
Draghi equilibrista tra atlantismo e apertura a negoziati È con questo clima alle spalle che Draghi, “il più europeista degli atlantisti e il più atlantista degli europeisti”, come qualcuno lo ha definito, si è presentato al leader della coalizione occidentale col non facile compito di rinsaldare il tradizionale asse di ferro dell'Italia con l'imperialismo Usa, e al tempo stesso non distaccarsi troppo dal gruppo franco-tedesco, assieme al quale aspira a guidare l'Ue, facendosi interprete con Biden anche delle posizioni trattativiste emerse in sede europea e nella stessa maggioranza che lo sostiene. Ed è alternando questi due registri, già nel primo incontro pubblico alla Casa bianca, davanti ad un Biden che lo aveva accolto come “un buon amico e un grande alleato”, “uno degli alleati più stretti che abbiamo avuto nel rispondere alla brutalità di Putin”, che Draghi ha esordito rispondendo che “i legami tra i nostri due Paesi sono sempre stati molto forti e, semmai, questa guerra in Ucraina li ha resi ancora più forti”, incassando con ciò un compiaciuto “sono d'accordo” dal suo interlocutore. E “se Putin ha mai pensato di poterci dividere – ha proseguito il premier – ha fallito. Su questo non c'è dubbio. Siamo uniti nel condannare l'invasione dell'Ucraina, nel sanzionare la Russia e nell'aiutare l'Ucraina come ci chiede il Presidente Zelensky”. Ma subito dopo Draghi ha aggiunto: “Ma devo dire che in Italia e in Europa la gente vuole porre fine a questi massacri, a questa violenza, a questa macelleria che sta avvenendo. E la gente pensa a cosa possiamo fare per portare la pace. Certamente dobbiamo usare ogni canale di comunicazione diretto e indiretto. Ma è sufficiente? Cosa possiamo fare? La gente pensa che - almeno vuole pensare - alla possibilità di portare un cessate il fuoco e di ricominciare dei negoziati credibili. Questa è la situazione attuale. Penso che dobbiamo riflettere a fondo su come affrontare la questione”. Ma a questa pur cauta rappresentazione della posizione italiana ed europea circa l'opportunità di aprire ad eventuali negoziati, il presidente Usa non ha fatto commenti. Draghi si è quindi affrettato a terminare il suo discorso tornando sul più scontato terreno della solidità dell'alleanza tra i due Paesi, sottolineando che “quello che è successo in Ucraina porterà un drastico cambiamento nell'Unione Europea. Siamo sempre stati vicini; ora saremo molto più vicini”. E stavolta Biden ha mostrato di nuovo tutto il suo gradimento dicendo al premier italiano: “La cosa che più apprezzo di lei è il suo sforzo fin dall'inizio per portare la Nato e l'Ue in sintonia. Putin credeva davvero di poterci dividere”.
Intesa piena solo su armi a Kiev, Cina e Libia Successivamente i due si sono chiusi nello studio ovale per un colloquio di un'ora e mezzo, al termine del quale non c'è stata la consueta conferenza stampa congiunta, come ci fu per esempio con Scholz, ma solo un comunicato congiunto. Secondo i retroscena della stampa Biden si sarebbe mostrato scettico sulla possibilità di favorire negoziati seri tra Mosca e Kiev. Nel comunicato congiunto, infatti, mentre da una parte si riafferma con enfasi “il forte e ampio partenariato Usa-Italia che si riflette nei legami profondi e duraturi tra il nostro popolo e i nostri paesi, di cui la nostra alleanza attraverso la Nato e la partnership Usa con l'Ue sono componenti fondamentali”, dall'altra, a proposito della guerra “non provocata e ingiustificata della Russia in Ucraina”, si dice solo che le due parti hanno sottolineato “il loro continuo impegno nel perseguire la pace sostenendo l'Ucraina e imponendo costi alla Russia”. Come dire che di pace si potrà parlare solo dopo aver inflitto una sconfitta militare significativa a Putin. Altrettanto scettico Biden sarebbe stato sulla richiesta di Draghi di fissare un tetto mondiale al prezzo del gas, in vista dell'aumento delle forniture di gas naturale promesso dagli Usa all'Italia, mentre si sarebbe dichiarato disponibile a calmierare il prezzo del petrolio aumentandone la produzione, ma senza pregiudicare “i nostri obiettivi di transizione energetica”. Da parte sua Draghi avrebbe confermato la disponibilità del governo italiano a chiudere i rubinetti del gas russo “anche domattina”, pur riaffermando che la decisione va presa a livello europeo. Infatti il comunicato accenna solo genericamente alla discussione tra i due di “misure volte a promuovere la sicurezza alimentare e a rimodellare i mercati energetici globali”. Al presidente Usa premeva soprattutto avere dal premier italiano – e le ha avute – rassicurazioni sulla politica di inflessibilità verso la Cina e sulla fornitura di armi a Kiev, con i cannoni e i blindati promessi, e il rafforzamento dei contingenti italiani in Bulgaria e Ungheria, che del resto il ministro Guerini aveva già annunciato. Draghi ha ottenuto il suo appoggio sul dossier aperto sulla Libia che, gli ha detto, “può essere un enorme fornitore di gas e petrolio per l'Italia e per l'Europa”. “Tu cosa faresti?”, gli ha chiesto Biden. “Dobbiamo lavorare insieme per stabilizzare il Paese”, gli ha proposto il premier. Nel comunicato si fa riferimento infatti alla cooperazione Usa-Italia “su sfide di politica estera condivise, comprese Cina e Libia”.
No ad una pace “imposta agli ucraini” Nella conferenza stampa tenuta il giorno successivo, Draghi non ha comunque lasciato cadere il tema dei negoziati per la pace. Nel suo discorso introduttivo, subito dopo aver riferito che Biden ha definito l'Italia “un partner forte, un alleato affidabile, un interlocutore credibile”, mentre lui lo ha ringraziato “per il ruolo di leadership che sta esercitando in questa crisi”, Draghi ha infatti aggiunto: “In questo incontro siamo stati d'accordo sul fatto che occorra continuare a sostenere l'Ucraina, a far pressioni su Mosca e occorra anche, però, cominciare a chiedersi come si costruisce la pace. Il percorso negoziale è molto difficile, ma il primo punto è come costruire questo percorso negoziale. Un punto molto importante è che questa pace deve essere la pace che vuole l'Ucraina, non una pace imposta né da un certo tipo di alleati né da altri”. Il premier italiano, quindi, su questo tema appare piuttosto allineato a Francia e Germania, almeno in linea di principio, specialmente con quel riferimento finale anche a certe dichiarazioni oltranziste di Stoltenberg che erano sembrate sopravanzare lo stesso governo ucraino. Fino a che punto poi Biden sia stato veramente d'accordo con lui sulla necessità di costruire un negoziato con Putin, è tutta un'altra questione. Rispondendo alle domande dei giornalisti Draghi ha comunque insistito sul punto, cercando anche di spiegare quale sarebbe secondo lui l'elemento di novità che consentirebbe di riaprire un negoziato, individuandolo nel fatto che “inizialmente era una guerra in cui si pensava ci fosse un Golia e un Davide”, ma oggi “il panorama si è completamente capovolto”, e “quella che sembrava una potenza invincibile sul campo, e per quanto riguarda una guerra fatta con armi convenzionali, si è dimostrata una potenza non invincibile. Questo porta tutte le parti a fare una riflessione su quelli che sono gli obiettivi della guerra. Quali obiettivi ci si propone, da entrambe le parti”.
I dubbi di Draghi sugli sviluppi della guerra Su come e attraverso quali passi si possa poi avviare questo negoziato neanche Draghi ha le idee chiare, ed è emerso da certe contraddizioni in cui è incorso sostenendo prima che “è uno sforzo che devono fare tutti gli alleati, ma in particolare ovviamente la Russia e gli Stati Uniti, di sedersi a un tavolo”; mentre ad una domanda successiva si è corretto negando di aver detto che ci vuole un tavolo tra Stati Uniti e Russia, e ha precisato invece che “ci vuole un tavolo con tutti, ovviamente l'Ucraina è l'attore principale intorno a questo tavolo. Bisogna togliere il sospetto - che soprattutto le parti più deboli, e cioè che gli ucraini in questo momento hanno - che si arrivi a una pace imposta, a una pace che magari fa comodo agli Stati Uniti, agli europei, ai russi, ma non è accettabile dagli ucraini”. Sembra anzi che negli interventi di Draghi si riflettessero più che altro i dubbi e le domande che le cancellerie europee e lo stesso governo italiano si stanno ponendo sull'andamento della guerra e su quali sviluppi augurarsi. Come ad esempio quando ha detto che chiunque promuova un negoziato di pace “deve essere una persona, un Paese, delle Istituzioni che non cercano affermazioni di parte. Non bisogna cercare di vincere qui, perché oltretutto se uno ci pensa un istante la vittoria non è definita. Che significa vincere? Per gli ucraini sicuramente è definita: significa respingere l'invasione. Ma per gli altri”? Il 19 maggio Draghi andrà in parlamento a riferire sull'incontro con Biden, dove fra l'altro sull'invio delle armi pesanti a Kiev lo attendono al varco i “mal di pancia” di M5S e Lega, e si vedrà se in quell'occasione arriverà a chiarire fino in fondo le sue posizioni rispetto agli Usa e ai suoi partner europei e sul ruolo dell'Italia nel favorire un negoziato per arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina.
18 maggio 2022
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