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Modi di dire lucchesi |
Se la pizza è napoletana, la focaccia (ne parla già Giovanni Boccaccio nel Decamerone) è certamente di origine toscana. Entrambe le parole sono nel linguaggio gastronomico internazionale. Prima la pizza, ora anche la focaccia si trova ovunque, specialmente in America. E l'effetto del flusso di turisti che in Italia ne hanno conosciuto il gusto e per l'opera dei nostri ristoratori all'estero. A Lucca la focaccia ha una sua particolarità fonica, si chiama «fogaccia» (con tanto di g al posto della C). E una di quelle parole che, per così dire, pronunciamo come in Garfagnana e in Versilia, dove questo scambio di lettere è una costante del vernacolo. Ma si possono ricordare anche le «classiche»: «grosta» per crosta, e quindi «grostino» per crostino; e pure il verbo «gostare» («quanto gosta la tal cosa?») subisce lo stesso destino. E si sentono perfino «garota», «gravatta» e «farmagia». C'è anche qualche variazione provinciale, ad Arezzo la focaccia si chiama anche «ciaccia», e a Firenze «schiacciata» (che quando usiamo noi questo termine diciamo «stiacciata»). Se non abbiamo la «ciaccia», abbiamo, però, la «ciaccina», parola che ha, di solito, un significato tutt'altro che mangereccio. Per esempio si dice «ciaccina» per qualcosa di ridotto ai minimi termini come una lattina di bevanda finita sotto le ruote di un'automobile. Passiamo alla capoccia che è parola di lingua italiana (per esempio la capocchia di un fiammifero, la parte terminale), ma che noi usiamo anche come capo, testa, e facciamo il tipico uso vernacolare di «capocchione» come «testacchione» (entrambe ammesse come d'uso tipico locale anche da Idelfonso Nieri) nel significato di zuccone (anche qui c'è la stessa metafora), testardo, meglio ancora testardaccio, ostinato che non sente ragioni, anzi vuol sempre avere ragione anche quando ha palesemente torto. Però il Nieri mette «intestardirsi» come termine lucchese, invece è di comune lingua italiana come incaparbirsi ed ostinarsi.
Giubbin Satellite
Anonimo - inviato in data 01/09/2020 alle ore 13.33.31
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- E SE LA SONORIZZAZIONE...... - da Anonimo - inviato in data 02/09/2020 alle ore 4.44.31
La sonorizzazione, ovvero il fenomeno per cui focaccia diventa fogaccia, rimane con molte tracce nel lucchese (pogo, miga, fadiga, ecc.). Nel dialetto oggi parlato, in qualche caso, con evidente processo di toscanizzazione (ovvero di assimilazione del lucchese al toscano standard), capita anche di sentire po'o (invece di pogo), fati'a (invece di fadiga) e perfino fo'accia (al posto di fogaccia). D'altro canto la perdita delle caratteristiche peculiari del lucchese è molto accentuata nell'ultimo secolo (chi dice più ragassin in luogo di ragazzino o piassa in luogo di piazza?? sempre meno si sentono anche gli accenti chiusi della e; quanti dicono préte e non prète alla toscana??). Comunque la sonorizzazione della c (g) potrebbe anche essere un ultimo residuo di un fenomeno ordinario nel lucchese medievale. Il Nieri faceva infatti notare che in Brancoleria la pronuncia era 'quasi garfagnina'. In effetti in Brancoleria, ancor oggi, le persone anziane dicono regolarmente pegora (pecora) e perfino préde (prete), in questo caso con sonorizzazione della t, fenomeno certo non associabile al toscano centrale. Il fatto che in un'area conservativa come quella di Brancoli si ritrovino queste caratteristiche e che li si ritrovi anche in altri paesi che gravitano intorno al massiccio delle Pizzorne per esempio a Lucchio (che il Venturelli ipotizzò essere addirittura insediamento di origine garfagnina), o anche a Crasciana (Cracciana in antico dialetto locale) ci deve però far almeno supporre che in epoche antiche tutta o quasi la Lucchesia avesse tale pronuncia. D'altro canto anche nelle novelle del Sercambi il paese di Aquilea è scritto con la grafia Aguilea (e magari lo pronunciavano anche Aguiléa). Non va quindi escluso che in epoche passate la sonorizzazione fosse fenomeno ordinario nel lucchese e forse anche nel toscano occidentale; l'area pisano livornese infatti ha subito un forte processo di fiorentinizzazione della lingua negli ultimi tre - quattro secoli e questo non solo per la continuità geografica della valle dell'Arno, ma anche per il fatto di esser stata annessa allo stato regionale toscano, stato del quale, come noto, Lucca non fece mai parte. Va qui chiuso il ragionamento dicendo però anche che la sonorizzazione lucchese non è proprio identica a quella garfagnina (e massese); se infatti a Brancoli si pronuncia pegora, la stessa parola, in vero garfagnino massese si pronuncerebbe BBeggora, con sonorizzazione anche dellla p (che diventa b), ma soprattutto con pronuncia doppia di p(b) e c(g). Questo pare indicare che nel sostrato del garfagnino la componente antica gallo romanza fosse più presente che nel sostrato lucchese. Beh, buon dialetto (e non vernacolo, vernacolo non vuol dir nulla) a tutti.
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